Quattro Paesi, un unico gigantesco Oceano: il caso CMAR

Quattro Paesi, un unico gigantesco Oceano: il caso CMAR

È il corridoio marino del Pacifico tropicale orientale: Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica alleati per la tutela di mari e specie marine…

Proteggere le acque internazionali dalla pesca illegale

Corridoio marino del Pacifico tropicale orientale: Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica insieme per tutelare le specie vulnerabili minacciate dalla pesca selvaggia (Foto: MasayukiAgawa/Ocean Image Bank)

I governi di Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica hanno deciso di collaborare attivamente a livello regionale per la creazione di un grande corridoio marino nel Pacifico tropicale orientale che protegga la ricchissima biodiversità dell’area dalla pressione della pesca industriale.

Tra le Isole Cocos e le Galápagos, in un’area di circa 500.000 chilometri quadrati, convivono (spesso sovrapponendosi una all’altra) cinque aree marine protette, quattro siti UNESCO e una delle rotte migratorie più cruciali dell’intero Pacifico.

Appena fuori dalle aree marine protette, però, ci sono così tanti pescherecci industriali che le flotte si riescono a vedere anche nelle immagini satellitari: le mastodontiche navi, spesso illegali e non dichiarate, si posizionano appena a sud delle Isole Galápagos e aspettano che i pesci attraversino la linea invisibile che separa il santuario protetto dalla mattanza.

In assenza di una giurisdizione chiara per la tutela dei mari internazionali, i quattro Paesi dell’America Latina hanno annunciato una forma di cooperazione totalmente inedita, che potrebbe dare vita alla più grande biosfera marina internazionale del pianeta.

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La prima area marina protetta internazionale sarà nel Pacifico
L’Isola di Malpelo, in Colombia, è una delle aree marine protette che rientrano nell’iniziativa di cooperazione internazionale CMAR (Foto: CMAR – Corredor Marino del Pacífico Este Tropical)

CMAR, quattro Paesi dell’America Latina uniti in nome dell’Oceano

Nel 2023 Panama è stato il primo Paese dell’America Latina ad ospitare la “Our Ocean Conference”, iniziativa nata nel 2014 su iniziativa dell’US Department of State e dell’allora Segretario di Stato John Kerry per colmare il vuoto vigente in materia di governance internazionale degli oceani.

In quell’occasione, il Presidente Laurentino Cortizo Cohen aveva dichiarato: “Da panamensi sappiamo che cosa significhi vivere in una sottile striscia di terra circondata dal blu. Dovremmo tutti pensare all’oceano come a una fonte di vita, e riconoscerlo come un grande alleato nella lotta contro la crisi climatica e la perdita di biodiversità”.

Durante l’inaugurazione dell’evento, Nito Cortizo aveva annunciato l’intenzione di estendere l’area marina protetta di Banco Volcán di oltre 93mila chilometri, portando il totale delle aree protette a superare il 54 per cento del territorio marino della Zona Economica Esclusiva panamense.

Pochi mesi dopo, durante la COP26 di Glasgow, egli ha fatto un altro annuncio molto importante per il destino del Pacifico, questa volta insieme ai presidenti di Ecuador, Colombia e Costa Rica.

I quattro Paesi, che insieme contano oltre 6.000 chilometri di coste che si affacciano sul Pacifico, hanno annunciato la creazione dell’iniziativa Corridoio Marino del Pacifico Tropicale Orientale (CMAR), che prevede la creazione di un’area protetta di oltre 500.000 chilometri quadrati completamente libera dalla pesca.

L’area individuata, che si estenderebbe fino ad includere le Isole Galápagos, si trova in un punto cruciale del Pacifico: oltre ad essere una delle aree più pescose al mondo, questo tratto di mare è attraversato da importanti rotte migratorie per diverse specie minacciate dalle attività umane come tartarughe marine, balene, squali e razze.

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CMAR, la più grande biosfera internazionale del pianeta
La mappa elaborata nel 2005 dalla MarViva Foundation con i confini proposti per la nuova AMP (Foto: © 2021 Enright, Meneses-Orellana and Keith, Frontiers in Marine Science)

Proteggere le specie in via di estinzione che attraversano il Pacifico

L’annuncio corale alla COP26 è stato storico, ma l’iniziativa CMAR esiste formalmente da vent’anni: Ecuador, Costa Rica, Colombia e Panama lanciarono per la prima volta il progetto nel 2004, tramite la firma congiunta della “San Jose Declaration”, annunciando una forma di cooperazione regionale su base volontaria a tutela della straordinaria biodiversità del Corridoio Marino del Pacifico Tropicale Orientale.

Questo tratto di mare ospita un’incredibile varietà di specie endemiche e migratrici: tra le Isole Cocos e le Galápagos, infatti, si estendono lunghe creste sottomarine che fungono da corridoi migratori vitali per diverse specie di tartarughe, razze e squali in via di estinzione. Si chiamano Cocos Ridge e permettono agli squali di spostarsi in sicurezza tra le Cocos, le Galápagos e Malpelo.

La biodiversità della zona è così ricca e peculiare che nel corso degli anni sono stati istituite diverse aree marine protette (AMP), che includono il Parco Nazionale e la Riserva Marina delle Galápagos (Ecuador), il Parco Nazionale di Cocos (Costa Rica), Coiba (Panama), il Santuario della Flora e della Fauna di Malpelo e il Parco Naturale Nazionale di Gorgona (Colombia). Fatta eccezione per l’isola di Gorgona, questi parchi sono anche siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Appena fuori da queste aree marine protette, però, squali, razze e tartarughe marine tornano ad essere vulnerabili alle pressioni esercitate dalla pesca industriale, spesso illegale e non dichiarata. Circa il 10 per cento del volume globale di pescato proviene da questo tratto di mare. Perciò i quattro Paesi hanno deciso di unire le forze e creare la più grande biosfera marina internazionale del mondo.

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Una zona libera dalla pesca nel Pacifico tropicale
Lo squalo martello smerlato, a rischio critico di estinzione, trova nel CMAR una rotta migratoria sicura, ma ciò non basta a tutelarlo dalla pesca, spesso illegale (Foto: TobyMatthews / Ocean Image Bank)

Il Pacifico tropicale orientale e il problema della pesca illegale

Secondo i dati raccolti dal Marine Conservation Institute, la pressione di pesca a sud delle Galápagos è cresciuta enormemente negli ultimi anni: se nel 2019 i pescherecci avvistati erano stati 245, nell’agosto del 2020 questa cifra era esplosa fino ad arrivare a 340. Significa che circa 30 milioni di ami sono stati gettati nelle acque appena al di fuori dell’area marina protetta.

Numeri che per gli squali e gli altri animali marini si traducono in mattanze così gravi da compromettere gli equilibri dell’intero ecosistema: nel 2017, una di queste enormi imbarcazioni è stata fermata per aver sconfinato nelle acque delle Galápagos. A bordo, c’erano circa 300 tonnellate di squalo martello smerlato (considerato a rischio critico di estinzione) e diverse altre specie di squali, tagliati e impilati in grosse scatole di legno.

Il caso dello squalo martello smerlato è particolarmente allarmante: si tratta infatti di una delle specie più comuni e pregiate nel mercato asiatico delle pinne di squalo. Uno studio del 2020 ha rivelato che la stragrande maggioranza delle pinne di squalo di Hong Kong proviene da un’area del Pacifico orientale che comprende le Isole Galápagos. Perciò l’unico modo per proteggere questi ecosistemi è puntare alla protezione delle acque internazionali.

Nonostante siamo un Paese in via di sviluppo, nonostante il fatto che abbiamo una delle flotte più grandi del Pacifico, abbiamo deciso di ridurre lo sforzo di pesca”, ha dichiarato al Guardian il ministro dell’Ambiente dell’Ecuador Gustavo Manrique, “questo è il nuovo linguaggio della conservazione globale. Mai paesi con confini marittimi comunicanti si sono uniti per creare una politica pubblica”. È l’inizio di una nuova epoca per la tutela del mare. E a guidarla saranno i Paesi emergenti.

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Sta per nascere la prima area marina protetta internazionale

Un grande banco di pesci nelle acque dell’Isola Cocos, in Costa Rica (Foto: Amanda Cotton/Ocean Image Bank)

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